«Chi vuol lavorare con me deve sentirsi convinto. Anzi, deve sentirsi l’Inter, non un calciatore dell’Inter. Se no è inutile parlare di senso di appartenenza.
I ragazzi non devono pensare «Io sono Candreva o Murillo, giocatore dell’Inter», bensì «Io sono l’Inter!». Bisogna avere a mente la grande storia di questo club. Li martellerò in ogni istante su questo concetto. Se non capiscono cosa vuol dire vestire la maglia dell’Inter non si va da nessuna parte”.
Io sono l’Inter: è il mantra di Luciano Spalletti, nuovo tecnico nerazzurro che si racconta in un’intervista esclusiva a Luca Taidelli sullaGazzetta in edicola oggi. Eccovi alcuni passaggi.
Quanto incide il ritardo forzato sul mercato a causa dell’obbligo di vendere prima di comprare?
“Qualche complicazione la può dare. Ma non tanto perché temiamo di perdere i grandi giocatori, quanto perché noi siamo quelli che due paroline a questo gruppo le vogliamo dire. E bisogna martellare ora sulle gambe ora sulla testa, intesa come indicazioni tattiche che poi vanno portate in campo”.
Tatticamente come inquadra Bernardeschi e Borja Valero?
“Su certi nomi anche i nostri dirigenti fanno un po’ di «possesso palla» per essere pronti a ogni evenienza. Di sicuro prenderemo due difensori. Borja play basso o trequartista? Può fare entrambe le cose. Non sarà un incursore alla Nainggolan ma ha carattere da vendere, esperienza, sa far girare la palla e non gliela porti mai via. Insomma, a centrocampo può giocare ovunque. E può servire come leader per gli altri. Ripeto, un paio di uomini così servono. Difficile fare risultato puntando solo su gente di 22-23 anni”.
Sente come un obbligo il ritorno in Champions?
“L’obbligo è quello di sentirlo come un obiettivo minimo. Ma sapendo che l’ultima classifica dice che le prime tre erano lontane e che per colmare quel gap dovremo vincere 9-10 gare in più. Senza dimenticare che anche le altre si stanno rinforzando. Ma prima mi lasci guardare i miei negli occhi e vedere come reagiscono alle sollecitazioni”.
Fonte: Gazzetta.it