“Il mio sogno, a dir la verità, era diventare il capitano del Napoli” confessa senza timore Ciro Muro, rivelando quel sogno che accompagna tutti bambini napoletani al primo calcio al pallone. Ma lui c’era arrivato vicino ma in quella squadra, in quel momento, nel suo ruolo, c’era il più Grande di tutti. “Quando sono ritornato a Napoli mi sono detto: ‘Questo sarà il mio anno, ho fatto le mie esperienze fuori, sono tornato nella mia città e ora voglio essere come Juliano!’, poi purtroppo non è successo”. Racconta un po’ dispiaciuto di non aver realizzato il sogno di quel ragazzino, ma Ciro non rimpiange nulla della sua carriera. Si è divertito e ancora oggi continua a farlo.
È nato alle pedici del Vesuvio, nella città dove il calcio è religione e la passione è tutta per una sola squadra. Cresce nelle giovanili del Napoli e debutta in Serie A in azzurro contro quella Roma, che ai motori aveva Bruno Conti e a volante Carlo Ancelotti. Poi va a farsi le ossa in C1 e ritorna nella massima competizione vestendo la maglia del Pisa. L’anno dopo ritorna a calcare il manto erboso del San Paolo. Rimarrà un solo anno nella squadra partenopea, quella del suo cuore, però quanto basta per vivere il sogno del primo scudetto, la Coppa Italia e conquistare l’affetto dei tifosi.
Oggi, invece, è un allenatore e insegna ai ragazzini tutto quello che gli è stato trasmesso. Ha guidato anche il settore giovanile del Napoli dove non esiterebbe a tornare se arrivasse una chiamata importante.
Ai microfoni di Gonfialarete.com ha raccontato della sua carriera di calciatore e allenatore, di Maradona ma anche di giocatori allenati da lui come Izzo, Roberto Insigne e Anastasio.
Un napoletano che ha vestito l’azzurro, come ricorda il suo debutto?
“Il mio debutto con il Napoli è stato un momento bellissimo. Era il 1983, sono passati tanti e tanti anni. Io stavo partendo con la Primavera, il mister mi chiamò dicendo: ‘Tu non parti con noi, resti con la prima squadra’. Il giorno dopo debuttai in Serie A contro la Roma e da napoletano fu una grande gioia. L’anno dopo sono andato via, a Monopoli a farmi un po’ le ossa in C1. Dopo sono tornato in A con il Pisa giocando 29 partite e poi sono tornato a Napoli. Mi chiamò Allodi per fare il vice di Maradona e quell’anno vinsi lo scudetto e la Coppa Italia”.
Cosa ricorda di quello spogliatoio dell’anno del primo scudetto del Napoli?
“All’inizio pensavamo di poter arrivare nei primi quattro posti. Man mano che il campionato andava avanti ci rendevamo conto della nostra forza e abbiamo creduto che potevamo vincere questo scudetto. Poi in squadra avevamo il più forte di tutti, il Dio del calcio.
La partita che mi è rimasta di più nel cuore è quella giocata contro la Juventus. Vincemmo in casa loro 3 a 1. Fu una gioia immensa anche perché vincere a Torino non era facile e da lì cambiò la nostra mentalità. Capimmo che potevamo fare qualcosa di importante”.
Si sente più fortunato ad aver fatto il vice di Maradona oppure pensa che senza di lui la sua carriera azzurra sarebbe stata diversa?
“Io ho fatto anche la fortuna di Zola. L’anno dopo lo scudetto ho cercato di andare via, non per Maradona ma perché era evidente che avevo poco spazio, avanti a me avevo il calciatore più grande del mondo. Ero giovane e volevo giocare. Se ci fosse stata un’altra persona probabilmente me la sarei giocata alla pari ma avendo lui davanti…giù il cappello. Decisi di cambiare, dopo arrivò Zola e fu la sua fortuna”.
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Un aneddoto su Maradona?
“Maradona faceva alcuni giochetti col pallone. Celestini gli parlava spesso di me e gli diceva: “Guarda c’è un ragazzo napoletano, ora sta giocando altrove, che è in grado di emularli”. Quando tornai a Napoli, Diego mi raccontò che aveva sentito tanto parlare di me, Celestini gli aveva riempito la testa col mio nome. Maradona stravedeva per me, rivedeva lo scugnizzo che era in lui. Percepiva che io ero un ragazzo che voleva arrivare, che aveva fame di calcio. Lui è stato un grande amico per me. Devo dire la verità, vederlo giocare era impressionante”.
Com’ è la sua nuova vita da allenatore?
“Ho iniziato 15 anni fa. Nonostante all’inizio non volessi farlo, oggi mi piace tantissimo. Ho fatto quattro anni con il settore giovanile del Napoli ottenendo ottimi risultati. Forse sono stato l’unico dell’era De Laurentiis a portare i ragazzi nelle finali per lo scudetto. Poi dopo ho avuto una discussione con la società, perché io volevo la Primavera. Avevo il patentino giusto. Mi risposero che ai napoletani non davano la Primavera. Ho provato a chiedere il motivo, mi è stato risposto semplicemente che volevano altre persone. Lasciai perdere e andai in quarta serie. Ora mi sto divertendo con i giovani, ma se arrivasse qualche chiamata importante io sono pronto.
Se mi aspettavo una telefonata dopo l’esonero di Baronio? No, anche perché non ci sono più i dirigenti che c’erano prima. Tuttavia mi aspettavo che qualcuno facesse il mio nome per farmi rientrare, perché mi farebbe molto piacere allenare la Primavera del Napoli”.
Da Izzo a Immobile, quanti talenti napoletani giocano lontano dalla propria città…
“Izzo l’ho avuto nella Berretti del Napoli. Quell’anno giocava nella Primavera, ma non l’avevano preso ancora in considerazione, forse ritenevano di avere ragazzi più bravi in rosa. Così lo chiamai io, giocò sei mesi con me, poi l’anno dopo ha giocato titolare nella Primavera e fece benissimo. Ho avuto anche Roberto Insigne, Armando Anastasio e tanti ragazzi che poi sono stati chiamati in Primavera.
Roberto mi ha dato tantissimo come ragazzo. È diverso da Lorenzo, che forse dimostra più carattere, ma per me è un talento naturale. All’epoca me lo chiedeva il Milan e io dissi che dovevano parlare con la società. È un ottimo giocatore”.
Lorenzo Insigne amato e criticato da capitano, che ne pensa?
“Sono stato a Napoli, non sono mai stato criticato, anzi sempre elogiato sia dalla stampa che dai tifosi. Lorenzo è un ragazzo napoletano, in 2-3 anni è riuscito a conquistare la fascia da capitano. La gente magari si aspetta da lui di più rispetto ad un altro calciatore. Devo essere onesto e dire che Lorenzo ha dimostrato di essere un grande giocatore”.
Il campionato si è interrotto con Lazio a un punto dalla Juve, al rientro ci sarà un’avvantaggiata?
“Le squadre sono ferme da più di un mese, anche se continuano ad allenarsi a casa. Parlerà il campo. Avranno a disposizione, come dicono, 2 o 3 settimane per prepararsi alla ripresa della stagione. Vedremo come reagiranno Lazio e Juve. Si parla di fare 5 sostituzioni a partita ed è chiaro che i bianconeri saranno avvantaggiati. Spero che vada avanti la Lazio, ho giocato lì ed è una squadra alla quale sono molto legato”.
Cosa pensa del Napoli di Gattuso?
“Gattuso è arrivato con le sue idee. La squadra sotto la guida di Sarri conosceva tutto a memoria, poi con Ancelotti è cambiato il sistema di gioco. Preferiva il 4-4-2, nelle coppe preferiva il 3-5-2. Gattuso ha capito la situazione, ha rimesso i giocatori nelle posizioni più incline alle loro caratteriste, in quei ruoli che avevano fatto divertire la gente. La sua grinta e la sua esperienza da giocatore ”.
Si parla di tanti addii come Koulibaly, Allan, Milik… a chi non rinuncerebbe?
“Eh, ce ne sono parecchi! Il Napoli ha un patrimonio enorme, sono tutti importanti in questo momento. Ho visto una grande crescita di Giovanni D Lorenzo, un ragazzo eccezionale che mi ha impressionato. Mancini dovrebbe dare una bell’attenzione a questo ragazzo. Koulibaly e Allan non li toccherei. Non lascerei partire nessuno dei tre. Non so se rimarrà Mertens, poi arriverà anche Petagna. Bisogna tener conto anche delle casse del Napoli”.
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