L’analisi è stata condotta da esperti delle americane Stanford University e della Northwestern University, che hanno analizzato la mobilità e una serie di informazioni demografiche, epidemiologiche e reddituali di diversi quartieri statunitensi per ricavare statistiche relative alle possibilità di infezione, evidenziando anche le disparità nel rischio in base allo stato socioeconomico degli utenti. “La riapertura di luoghi come ristoranti, centri fitness, caffè e hotel – commenta Jure Leskovec della Stanford University – comporta un rischio più elevato di trasmissione di SARS-CoV-2. La riduzione dell’occupazione in questi luoghi potrebbe contribuire a un calo significativo delle infezioni previste”.
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Gli studi a stelle e strisce, tramite il tracciamento prima citato, sono riusciti a creare dei veri e propri “schemi di infezione”, ad esempio a Chicago la riapertura dei ristoranti a pieno regime genererebbe quasi 600mila nuove infezioni: “Questi dati ci mostrano dove c’è vulnerabilità” ha dichiarato Eric Topol dello Scripps Research Translational Institute. Sempre restando nella città dell’Illinois e in tema ristoranti viene sottolineato come un limite di ingressi simultanei (capienza al 20%) possa ridurre dell’80% le nuove infezioni previste, ecco perché la soluzione estrema quale il lockdown viene ritenuta non necessaria. Gli scienziati americani suggeriscono che misure di questo tipo, mirate e studiate a seconda delle situazioni, siano molto più efficaci. “Abbiamo costruito un modello informatico per analizzare il modo in cui persone di diversa estrazione demografica e di quartieri differenti visitino vari tipi di luoghi più o meno affollati- commenta l’esperto Leskovec della Stenford University – . Sulla base di tutto ciò, abbiamo potuto prevedere la probabilità di nuove infezioni in un dato momento, luogo o tempo. Abbiamo la responsabilità di pensare a una strategia di riapertura che possa ridurre le disparità che le pratiche correnti stanno alimentando. Il nostro modello dimostra che le politiche di permanenza in casa hanno rallentato il tasso di infezione”.
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