Una chiave certamente vincente per la rinascita del Napoli dello scorso anno è stato l’acquisto di Diego Demme. L’italo-tedesco è arrivato a gennaio dal Lipsia (dove ne era capitano) per toccare il terreno che fu di Maradona e che oggi porta il suo nome. Non poteva che rispondere sì alla chiamata della sua squadra del cuore e quella del suo papà, il quale per omaggiare il grande campione decise di chiamarlo come l’argentino.
FOCUS – Incredibile Demme! Con lui in campo il Napoli ha subito solo un gol
A Gattuso serviva un regista di ruolo che potesse disegnare le geometrie del centrocampo nel suo 4-3-3. Poi finita la stagione anche con un successo (la Coppa Italia), sembrava che le caratteristiche del mediano non potessero essere contenute nel nuovo schema di gioco adottato dal tecnico calabrese. Sarà per impegno, dedizione o coincidenza ma c’è una particolare statistica che ha sbaragliato i dubbi sull’apporto di Demme in campo.
Nei 554 minuti giocati dal metodista (da titolare e subentrato) il Napoli ha subito solo un gol, quello con il Rijeka in Europa League. Di contro 709 in cui era assente, la squadra di Gattuso ha subito nove reti. Il dato non deve essere tratto come un postulato, ma certamente merita una riflessione sul contributo di un giocatore che a inizio anno sembrava fuori dalla cornice della nuova stagione azzurra.
Anche nell’ultima contro il Crotone ha praticamente dominato il centrocampo, è stato giocatore più veloce e che ha percorso più km con 115 palloni toccati di cui 47 giocati in avanti. Il gol ha solo chiuso poi un cerchio già perfetto che si aggiunge nel suo curriculum professionale.
Fisico minuto, tanta grinta, ma soprattutto molto impegno: Rino Gattuso lo sa bene, lo osserva e per questo che sia 4-2-3-1 o 4-3-3 lo premia nonostante l’abbondanza a centrocampo. Nelle ultime settimane il Napoli ha trovato il suo talismano, veloce e attento, recupera palloni e imposta il gioco. Con lui in campo gli azzurri hanno sempre trovato la vittoria. Coincidenze? Forse, ma a Demme deve essere sicuramente attribuito il merito di aver ritrovato sé stesso dopo un avvio di stagione non proprio brillante. D’altronde non poteva finire nel dimenticatoio uno che a Napoli ci è venuto prima con il cuore che con le gambe, un ragazzo che si chiama Diego perché era il nome di Maradona ma soprattutto non poteva che mettersi a completa disposizione di Gattuso, che ora sì è il suo allenatore ma un tempo la sua più grande aspirazione.
Serena Grande
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