DE LAURENTIIS NAPOLI MARADONA – Aurelio De Laurentiis ospite al Passepartout Festival ad Asti. Il presidente del Napoli ha rilasciato una lunga intervista toccando svariati temi, in particolare quello del cinema:
Polito ha scritto che il modello del Napoli di De Laurentiis è migliore di quello della città. Che ne pensa?
“Sono arrivato a Napoli che la conoscevo poco, perché la mia famiglia era napoletana, ma non conoscevo la trasformazione dei napoletani, che si erano un po’ avviliti, intristiti, abbandonati. Qualcuno mi diceva di non farlo, decisi di fare di testa mia. Sono un visionario, ma non sono un pazzo. Nella baia di Napoli ci sono una serie di yacht alla fonda ma non si possono tuffare in acqua perché l’acqua è una merda. La gente usa i porti di Fondi e Civitavecchia perché il fondale del porto di Napoli è troppo basso.
Ho dato tante idee. Ci vogliono vent’anni per fare una metropolitana. Perché De Luca è antipatico ai politici? Perché è un uomo del fare e chi fa diventa sgradevole perché per fare a volte devi sfanculare e questo alla gente non piace. Io lo posso fare perché non ho cadaveri nell’armadio, molti stanno zitti perché ce li hanno.
Ha trovato alleanze?
Mio padre era un grande filosofo e diplomatico, laureato in lettere, giurisprudenza, filosofia, era molto amico dei russi all’epoca di Kruscev. Diceva sempre: tu Aurelio sei un guerriero. Io dicevo sì, mi piacerebbe essere un cavaliere della tavola rotonda. Purtroppo la gente è provocatrice e questi tornei cavallereschi si trasformano in vere battaglie, ma io non mi stanco mai. Mi porto dietro pochissime persone. La gente ti dice che hai ragione, ma poi scende nel compromesso perché è più facile.
Cosa farebbe per prima cosa a Napoli?
Convincerei lo Stato a prendere misure importanti sul piano infrastrutturale. C’è una grande cultura partenopea, anche cultura di strada, che non va abbandonata, ma mutuata come attrattore sui visitatori. Alla città manca una classe dirigente con le palle, che abbia coraggio, e il coraggio viene se hai dei miliardi da investire. Il problema riguarda tutto il Sud. Se per andare a Reggio ci metto 5 ore e posso morire perché mi lanciano i sassi, vuol dire che il territorio non funziona. Se ancora stanno facendo la ferrovia per Bari su un progetto del 2011…
Ha mai parlato con un soprintendente? Ce ne sono alcuni straordinari e colti, ma quando sento che a Firenze c’è un signore come Commisso che ha già speso milioni e lo stadio non glielo fanno toccare perché è un monumento… ma monumento de che? La gente ogni giorno è vessata e vuole andare allo stadio per sfogare e tu gli impedisci di modernizzarlo perché non si può toccare? La sovrintendenza è straburocratizzata e politicizzata quindi magari è contro Commisso perché è americano e rappresenta un potere da annientare.
Sta smantellando lo Stato.
Certo, perché lo Stato è perdente, vince perché siamo tutti silenti e appecoronati. Ci siamo accontentati della tv, della lavatrice, poi è venuta l’amante, poi ci siamo addormentati, non siamo capaci di prendere i figli a calci in culo e buttarli fuori casa, io i miei li ho buttati fuori a 18 anni. Ci sono due schiere di personaggi: gli imprenditori che fanno impresa e poi i prenditori, che sono la maggior parte, manovalanza negativa, non creativa. Vorrei che lei mi seguisse per un mese e vedesse come si affrontano i problemi dall’avere l’idea di un film a realizzarla, tra ricerca degli attori, dei registi, fare il budget, in Italia e nel resto del mondo.
Ha avuto un mentore che le ha insegnato?
Ho avuto due mentori: uno è l’umiltà, che pure essendo figlio e nipote di, a 19 anni alle 4 del mattino caricavo i camion aiutando macchinisti ed elettricisti sul set prima di passare nel mondo della produzione creativa e distributiva. Dovevo imparare, stavo andando all’Università, avevo bisogno di lavorare. L’altro mentore è stato il vero amico incontestabile e senza pretese di riscontro è stato mio padre.
È vero che suo padre le ha fatto crescere il suo rapporto con Napoli?
Papà è andato via da Napoli negli anni ’30 per andare in Bulgaria e fondare un giornale. Mio zio Dino, che invece non aveva voglia di studiare, veniva mandato al Nord a riscuotere le cambiali dell’industria della pasta. Mio nonno lo vide arrivare dicendo che non gli piaceva quel lavoro, che voleva fare l’attore. Allora lo mandò a Roma al centro sperimentale, gli disse che se entro un anno non avesse avuto successo sarebbe dovuto tornare in azienda. Dino ci andò, ma come attore non ebbe successo, capì che il suo futuro era dietro la macchina da presa. Quando Mario Soldati fece due film importanti sul Lago di Como, Dino illuminò tutto il lago su Piccolo mondo antico, anche se c’era l’obbligo di non illuminare, e divenne famoso. Ponti se lo chiamò e nacque la Ponti-De Laurentiis. Mio padre è sempre stato la parte intellettuale del gruppo. Quando Dino volle andare in America stufo della legge Corona, noi abbiamo ricominciato daccapo con Renato Pozzetto. Pensi la vision di mio padre.
Lei ha un bel rapporto con Carlo Verdone.
Con Verdone c’è un’esclusiva che va avanti dal 2002, un’intesa profonda perché Carlo è un grande professionista, grande autore e grande amico. Mi diverte moltissimo perché è uno che anche sul piano della medicina sa tutto, è un malato immaginario, si inventa le cure, ha la pasticca per respirare, quella per fare pipì. Ci prende. È anche un po’ permaloso, quando lo prendi in giro su questo.
Come vede il futuro del cinema?
Bene, perché vedo bene l’industria dell’audiovisivo. Se poi parliamo del cinema nelle sale lo vedo meno bene. E io ho le sale cinematografiche. Pur essendo un esercente non sono mai andato d’accordo con l’esercizio. Si sta alimentando la pirateria. Non si può immaginare. In America si spendono 50-60 milioni di dollari di pubblicità per il primo weekend di uscita, rincretinisco il mondo con la pubblicità. È antidemocratico non dare la possibilità a tutti di vedere un’opera dell’ingegno come un film. Ho detto che in parallelo bisogna uscire in televisione, mettendo un prezzo virtuale più alto del cinema, in modo che l’esercente cinematografico non si veda discriminato. Ho detto: prendiamo lo 0,50% dell’incasso e lo diamo all’esercente per limitare le perdite. L’ho sempre detto. Ci è voluto il Covid per iniziare a farlo. Le serie tv sono diventate così importanti perché sono film che durano 10 ore e possono sviluppare i secondi e terzi personaggi.
Cosa c’è in Maradona che convince Pennac a fare uno spettacolo su di lui?
Maradona è stato unico e irripetibile. La fortuna e la sfortuna è che lo hanno avuto i napoletani. I napoletani non hanno capito che con un calcio malato e viziato dalle istituzioni non si può sempre vincere lo scudetto. Maradona gli ha portato due scudetti perché era un angelo del paradiso e della morte messo insieme. Faremo una serie tv in tre stagioni sulla storia del Napoli, la prima dal 1984 al 2001, dove c’è Maradona. La stessa operazione fatta sulla pallacanestro, con interviste a chi ha giocato in quel Napoli, ci saranno 150 intervistati calciatori e la storia del Napoli, con le partite e ciò che ci è stato dietro, in 10 puntate. Poi la storia del Napoli dal 1924, prima della sua nascita, con la storia del ciuccio, fino al 1984. Questa sarà la seconda stagione. La terza stagione saranno i 17 anni della mia presidenza.”
Giovanni Maria Varriale
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