Il 22 giugno 1986, Diego Armando Maradona entra di diritto negli annali della storia di questo sport. Fece il gol più bello di sempre, e anche il più “clamoroso” e scaltro del calcio.
Maradona, 35 anni fa Diego scrisse la storia del calcio: la Mano de Dios e il gol del secolo all’Azteca
Due gol, appartenuti alla stessa persona. Protagonisti la mano e il piede più famosi della storia del calcio, esattamente 35 anni fa. Perché ricordarli? Perché racchiudono l’essenza e un po’ il mistero del calcio, quella sintesi di istinto e ragione, ordinaria follia, slancio e calcolo, impulso e attesa, muscoli e testa, individualismo e altruismo, normalità e talento, l’ossimoro che tutto combina e tutto muove. Il compianto Diego Armando Maradona in Argentina-Inghilterra, ai quarti di finale del Mondiale 1986, anche grazie a giocate come queste, vincerà praticamente da solo il match (e non sarà l’unico, ma è forse quello che l’ha consacrato per sempre). E certi momenti non conoscono età. Vanno sempre ricordati, come un mantra. Riportiamo un’intervista al diretto interessato sull’anti-gol per antonomasia (per l’altro non servono giustificazioni, basta guardarlo): “Quel pallone era troppo alto per prenderlo di testa, e io ero troppo piccolo per arrivarci – dichiarò Maradona qualche tempo fa su quello che fu il gol più -. Così alzai la mano sinistra, come facevo da bambino quando giocavo con i ragazzi più grandi. Ho detto una bugia, e allora? Ho detto che era stata la Mano de Dios a segnare quel gol. Il Barba, come lo chiamavo io, mi aveva dato una mano, nel vero senso della parola. Quel pallone era troppo alto per prenderlo di testa, e io ero troppo piccolo per arrivarci. Così alzai la mano sinistra, come facevo da bambino quando giocavo con i ragazzi più grandi. Fui furbo, perché tenni la mano vicino alla testa, in modo che nessuno potesse accorgersi di quello che stavo facendo. Il portiere inglese, Peter Shilton, saltò tranquillo, con le braccia tese in direzione del pallone. Chissà cosa ha pensato, quando se l’è visto sfilare da sotto il naso. Un maleficio? Un colpo di vento? Non ebbe nemmeno il tempo di rendersene conto, che già il pallone stava rotolando in rete. 1-0 per noi, e tanti saluti. Un difensore inglese si era reso conto della mia furbata, era corso dall’arbitro e stava protestando. Io andai felice verso la bandierina, senza voltarmi. Vi confesso che avevo paura che nessuno dei compagni – per la vergogna – mi stesse seguendo. Come mi sarei comportato? Non lo so. So solo che mi seguirono tutti, vennero ad abbracciarmi e qualcuno dalla tribuna lanciò in campo persino una bandiera dell’Argentina. Vincemmo quella partita, certo. Io dissi che era stata una vendetta divina, c’era una guerra in corso tra noi argentini e gli inglesi e in quel modo – per come la vedevo io – El Barba aveva deciso da che parte stare. Non ne sono più così convinto. E comunque non vincemmo quella partita grazie alla Mano de Dios, non credete a chi vi racconta questa fandonia. La vincemmo perché di lì a poco segnai il gol più straordinario della storia del calcio. Questa è la sacrosanta verità, lo sanno tutti, anche il Barba lo sa. Ma questa è un’altra storia.” Parola di Dios…
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