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Gazzetta- Nello spogliatoio del Napoli si parla inglese e ci sono 18 stranieri, questo è l’incipit per capire cosa c’è alla base dei successi di Spalletti

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si è soffermata sulle tanta nazionalità presenti nella rosa del Napoli.

Gazzetta- Nello spogliatoio del Napoli si parla inglese e ci sono 18 stranieri, questo è l’incipit per capire cosa c’è alla base dei successi di Spalletti

Ci sono un nigeriano, un coreano, un georgiano e uno slovacco. Non è una barzelletta, ma fa ridere parecchio di soddisfazione i napoletani: è l’incipit per capire cosa c’è alla base dei successi di questa Banda Spalletti che non conosce limiti. Quella che poteva sembrare una torre di Babele, con giocatori di 18 nazionalità diverse, compresi gli italiani, si è rivelata una scelta oculata e vincente della società: sono stati ingaggiati giocatori di qualità e anche uomini di personalità, senza preoccuparsi della comunicazione del gruppo. Perché alla fine il linguaggio usato è quello del campo e dei campioni.

Proprio nell’ultima partita a Empoli di sabato scorso, si è notato Spalletti dalla panchina urlare: «Kvara, you see the line», «look the line!». Col tecnico che richiamava in inglese il suo asso georgiano per evitare il fuorigioco avversario. Alla fine proprio l’inglese è diventata la lingua ufficiale in casa Napoli, a Castel Volturno. Poi c’è chi lo parla meglio e chi peggio, ma non essendoci madrelingua per assurdo la comunicazione diventa più semplice. I risultati sul campo dimostrano che fra loro si capiscono benissimo. I giocatori da parte loro stanno imparando un minimo di italiano, una sorta di manuale di sopravvivenza in caso di difficoltà logistiche. Ma questa nuova generazione di professionisti vive in maniera diversa, più ritirata. Per assurdo ha meno contaminazione con la città. Non che questo debba avere per forza una accezione negativa. Ma per certi versi i paragoni col passato, anche recente, fanno riflettere. Qui non si tratta di criticare chi ci stava prima, ma un capitano napoletano “sentiva” più di ogni altro la pressione ambientale. Così come altri campioni – pensiamo a Mertens che ha chiamato il figlio Ciro, o a Koulibaly sempre “calato” nella socialità della città – alla fine rischiavano di restare coinvolti emotivamente da una città che trasmette tanta passione.

E l’emotività, porta spesso a soffrire oltremodo la pressione. Se ne rese conto lo stesso Spalletti quando nella primavera scorsa toccò le corde delle emozioni “chiamando” i suoi a una impresa storica. Quella squadra crollò davanti al proprio pubblico sul più bello e anche il tecnico fece autocritica. Questo gruppo sembra immune alla pressione e finora non ha mostrato punti deboli. Certo, occorre arrivare sino in fondo. Ma l’impressione che “Under pressure” sia solo uno splendido brano nato dalla collaborazione di Bowie coi Queen, da ascoltare con le cuffie per gli azzurri provenienti da quattro continenti.

Carlo Gioia

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