Sono già passati tre anni. Quella notte, tra il 9 e il 10 di dicembre di un anno già funesto di suo, si portava via anche il simbolo dei sogni che diventano realtà, uno dei pochi punti fermi di una generazione che pensava di non aver più bisogno di Santi ed Eroi, prima di trovarsene uno in maglia azzurra con le braccia al cielo che faceva un giro di campo dopo aver vinto un Mondiale. Quando si muore ci si trasforma, nel racconto di chi resta, in persone stupende. Paolo Rossi non ha avuto bisogno di lasciare questa Terra per diventare un esempio. Lo era già, nella sua professione e nella vita.
Paolo Rossi, tre anni fa ci lasciava Pablito. La moglie: “Grazie per avermi insegnato la vita”
A 64 anni, il 9 dicembre 2020, è morto Paolo Rossi, grande attaccante della Juventus e della Nazionale italiana che guidata da Bearzot fu decisivo nella conquista del Mundial di Spagna con sei gol nelle fasi finali, memorabile la tripletta al Brasile. Il Pallone d’Oro del 1982 aveva un male incurabile. Pablito soffriva di un tumore ai polmoni ed era ricoverato all’ospedale Le Scotte di Siena.
Federica Cappelletti, la moglie che ha portato avanti il suo ricordo, ha pubblicato un post su Instagram capace di unire il dolore alla riconoscenza, passando attraverso la sofferenza per riscoprire la grandezza dell’uomo che aveva scelto per compagno di vita: “Tre anni fa, oggi, pochi minuti alla mezzanotte sarebbe finita. È finita. Tre anni fa, oggi te ne sei andato in silenzio, dopo nove mesi di dolore e di battaglie, tra la sofferenza e la paura. Siamo stati sempre insieme, fino alla fine. Nel bene e nel male, ricordi? Non ti ho lasciato nemmeno un istante, ho lottato con te, ti ho amato nel profondo e continuo ad amarti così. Sono passati tre lunghi anni ma il mio ricordo è rimasto intatto e oggi rinnova il dolore disumano di tre anni fa. Tre anni fa, oggi, hai lasciato me e i tuoi figli ma per noi non te ne sei mai andato. Rimani il passato, il presente e il futuro delle nostre emozioni, delle nostre scelte, del nostro cammino. Un’ispirazione, la nostra forza che parte dalla consapevolezza di essere stati tanto amati da te. Oggi voglio ringraziarti ancora per avermi regalato la felicità, per avermi amato tanto, per avermi reso la donna che sono, per avermi lasciato tanto di te, per avermi donato la gioia di essere moglie, madre di due splendide figlie, tenere bambine quando te ne sei andato e oggi adolescenti di cui vado sinceramente fiera. Grazie di avermi insegnato la vita. Sei stato immenso ma professavi la semplicità. Le mie parole sono spesso le tue parole. Le mie scelte le tue. Il sorriso dei tuoi figli il tuo sorriso. Ti ho conosciuto come non avrei mai immaginato e sei diventato il mio tutto. Il nostro tutto. Andare avanti è stato complicato ma mi e ci hai insegnato anche questo. Testa alta, coraggio, determinazione e forza. Me lo ripetevi sempre. L’ho fatto, l’abbiamo fatto. Continuiamo a farlo. Ogni singolo giorno. E tu sei con noi, scolpito nei nostri cuori e nella mente, portando sempre gioia, valori, principi. Spero tu sia orgoglioso di me, di noi. Grazie Paolo, ancora una volta immenso, unico, insostituibile. Rimani la radice dei nostri alberi. Manchi, tanto. Sempre. Ma come vedi abbiamo continuato a camminare. Come volevi. Ciao amore. Vola alto, questa volta sì, ovunque tu sia ❤️”.
Il dolore della famiglia non può essere ovviamente paragonato a quello di chi lo ha tenuto nel cuore per le sue imprese sportive, ma un’intera Nazione non smette di ricordarlo. A tre anni dalla scomparsa, per esempio, sono molti i murales dedicati a lui nella varie regioni d’Italia. A Vicenza, dove Paolo è diventato Pablito, ce ne sono moltissimi, ma anche in Toscana, la sua terra, in Sicilia, in Piemonte e in Calabria… La perdita, insomma, è stata lievemente mitigata dalla certezza che non è davvero stato dimenticato. Per una volta le intenzioni che vengono espresse nel momento della morte di una persona famosa non sono rimaste frasi vuote. Paolo Rossi c’è sempre. Sui muri, nei pensieri, nei cuori, nei ricordi più belli. Chi è stato la metafora vivente di cosa possa essere l’esistenza (alti e bassi, fango e trionfo, dolore e gioia immensa), l’esatto contrario di chi si siede, di chi si accontenta, di chi si lascia vivere, non può essere accostato alla morte. Lui ci sarà sempre e, per una volta, la retorica può andare a quel paese. Chi ha insegnato che da un’aula di giustizia (o di ingiustizia) si può arrivare a battere il Brasile, lasciare questo mondo è veramente solo un passaggio. E anche a chi no.
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