L’edizione odierna de “La Repubblica” ha analizzato il match di ieri tra Napoli e Fiorentina.
Repubblica- Il Napoli si rigenera accantonando il gioco che l’ha portato allo scudetto! Bentornato Mazzarri…
Come in un pellegrinaggio il Napoli va a Riyhad per superare una classica crisi esistenziale. Si rigenera accantonando il gioco che l’ha portato allo scudetto. Non sapeva come rinnegare la formula del trionfo. Quel 4-3-3 lasciato da Spalletti come un tesoro in testamento è subìto come un’ossessione è in archivio. In finale di Supercoppa va un Napoli imperfetto ma felicemente nuovo. Come indossare un abito nuovo, e ritrovarsi subito. Il Napoli appare come la Fiorentina non immaginava. Con la difesa a tre. Italiano, che poteva essere il suo nuovo allenatore quest’anno, sembra non riconoscere la squadra che dopo molte speranze, incertezze e diffidenze osò rifiutare. Ne preferì l’offerta tardiva. Ora non si accorge di una variazione tattica, una modifica che sembra estemporanea ma che è forse ben studiata. Se così, complimenti a Mazzarri. Juan Jesus si stacca dalla linea difensiva che in fase passiva si stende a 4 e a 5 per ripartire in solitaria avventura. Crea la superiorità numerica la prima volta e l’azione si dissolve in un fuorigioco. La seconda però la Fiorentina ci casca ancora, apre il campo di nuovo a Jesus che indovina un diagonale largo per Simeone, l’attaccante è già carico, si è sentito troppo spesso trascurato per fallire il colpo che aspettava da troppo tempo. Non se la prenda Raspadori, ma tempo ne ha avuto abbastanza per tenersi il posto. La Fiorentina prosegue la sua partita, carica di rimorsi per la prima ora lascia al Napoli troppe ripartenze.
Quel Napoli che all’inizio sembra slegato si sistema invece sempre meglio nel nuovo modulo, pur con qualche apparente scompenso tattici. Intasa infatti le fasce, ostruisce sia gli esterni Brekalo e Ikoné che l’accorrente Kayode; accetta di lasciare qualche vuoto a centrocampo, dove Bonaventura si dà molto da fare. Dove Arthur e Duncan non sfruttano gli spazi. Dove alla distanza balza in evidenza Lobotka che riparte da una linea più arretrata e trova una visuale libera. Tutto il resto funziona intorno perché Mazzocchi esterno a destra protegge Di Lorenzo quando attacca, quel Di Lorenzo che copre di più e imposta quando può, ma senza attaccare troppo finendo per stancarsi.
Dopo un’ora Italiano, evidentemente deluso, presenta il conto a Brekalo e a Ikoné colpevole pure di aver sbagliato un rigore, fallito due volte, perché è temerario nel prendere la palla e imporsi per tirarlo. Ma tanta sicurezza di risolve in un tiro al quarto piano. Escono i due esterni, entrano Sottil e Nzola. Il primo non influisce, Nzola disturba Mario Rui, ed è una spina che entra nel fianco sinistro del Napoli.
È la sveglia per un ricambio massiccio. Esce Mario Rui ed entra Ostigard, nel contempo è ritirato in panchina Politano per Lindstrom, Kvaratskhelia opaco e un po’ sacrificato in copertura per Zielinski. Il Napoli che aveva cominciato con un 3-4-3 pronto a diventare 3-5-2 (sempre con Kvara disposto più a coprire sulla sinistra che a proporre) ora si rimodella in un 5-4-1 lasciando solo Simeone in avanti. L’infortunio di Cajuste apprezzato per un’ora lascia spazio a Gaetano. La condizione fisica del Napoli segnala il giallo, l’insulto muscolare di Cajuste recuperato con qualche rischio e crampi di Mazzocchi costringono Mazzarri a trasferire ancora energie dalla panchina al campo. La fortuna premia chi rischia e questo Napoli stremato e tenace ne fa altri due con Zerbin, eroe per caso. Tra una rete e l’altra l’irruenza, il coraggio, il furore portano Zerbin a battere la testa sul palo. Brutta botta, ma che fa? Prepara il terzo. Si rivedono contemporaneamente un tema e un personaggio: il Napoli in contropiede ed il suo autore classico, ricordate il Napoli del primo Mazzarri? Bentornato Walter.
Carlo Gioia
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