L’edizione odierna de “La Repubblica” ha analizzato il match di ieri tra Napoli e Verona, vinto 2-1 dagli uomini di Walter Mazzarri.
Repubblica- Il Napoli si reinventa con i cambi, nonostante l’assenza di Zielinski! Per Mazzarri il peggio è passato…
Per un’ora il Napoli attraversa tutte le sfumature di grigio. Inguardabile. Il fondo lo tocca proprio ad inizio di ripresa quando il Verona terz’ultimo, appena uscito da una svendita al mercato, comanda ormai il gioco. Mazzarri sbuffa rassegnato, ma deve far qualcosa, per dignità, mestiere e contratto non può tollerare una squadra così piatta che esagera in retropassaggi, che non avanza e non rischia un passaggio in verticale perché nessuno corre senza palla né si smarca per riceverla, non sa cosa fare neanche il più fine distributore, Lobotka non vede più davanti a sé il compagno veloce di piede e di mente. Zielinski è assente per certificato medico ieri, per decreto presidenziale in seguito.
Il Napoli si complica la vita lasciando fuori giocatori di sicuro talento e collaudati. Può solo reinventarsi. Vi riesce quando Mazzarri teme la sconfitta ed il Verona ormai prevale. In una domenica così grigia, dove tutto sembra monotono e uguale, ecco il minuto fatale, il 62. Esce il trentunenne Politano dopo dozzine di retropassaggi, condizionato forse dall’effetto negativo del nuovo rinnovo triennale. Entra il belga Cyril Ngonge, fresco acquisto, più giovane di sette anni. Mazzarri svita un’altra lampadina spenta, Cajuste, schierato al posto di Zielinski. Virtualmente assente anche lui, oscurato dal turco-tedesco Serdar. Appare Lindstrom, che doveva sostituire Lozano sulla destra. Per capire che non è un esterno bastava leggere la sua scheda su Internet oppure i resoconti delle sue gare in Nazionale danese, Lindstrom gioca da centrocampista. Ed è finalmente nel suo vero ruolo dall’ormai storico minuto 62.
C’è già da una decina di minuti Mazzocchi, per fortuna. Il maturo ragazzo di Barra è subentrato a Mario Rui, in difficoltà su Suslov, apparso poco lucido, già ammonito con un giallo che lo escluderà dalla prossima con il Milan. Mario Rui uscito malvolentieri e non lo nasconde. Ma c’è ormai tutto per dare energia al Napoli, sono tre scosse, giocatori di scatto e non contemplativi. Il Napoli subiva un Verona coeso in fase difensiva e vibrante nelle ripartenze. Era intervenuto troppe volte Gollini troppe volte per parare, costretto anche a sgridare i compagni. Inevitabile vantaggio del Verona, il solito Suslov offre una punizione al difensore Coppola da girare di testa in rete. I cambi sono per fortuna indovinati. Ci sono gli elementi giusti per dare un senso alla frenetica attività di Kvarastkhelia, migliore in campo. Ngonge, mancino che gioca a piedi invertiti sulla destra, dà ampiezza all’attacco, disturba Cabal. Lindstrom da mezzo sinistro accanto ad Anguissa eleva il centrocampo. Anche Simeone non è isolato, ora c’è: si agita, è impreciso, ma è un allarme costante. Lo è ancora di più Kvara, un’ossessione per Tchatchoua, belga centrocampista o attaccante, ma terzino per carenza d’organico.
Fa quel che può l’ex stopper del Napoli anni ’80, l’allenatore Marco Baroni in una ordinata resistenza. Ma subisce la rimonta di un Napoli rinnovato nello spirito, come per un’ora non si era visto. C’è sempre Mazzocchi ad accendere le micce sulla sinistra, prima serve Lindstrom che sterza e mette Ngonge nelle condizioni di pareggiare con un tiro d’impeto, deviato da Dawidowicz. Ancora Mazzocchi ispira il gran finale collegandosi a Kvara, che non segna dal 21 dicembre, 50 giorni. Ha finalmente una palla giusta. Manda un fulmine all’incrocio. È tornato Kvara, arriverà Osimhen presto. È festa in tribuna per De Laurentiis dopo giorni difficili ed in panchina per Mazzarri, che lasciando il Napoli 10 anni fa scrisse la sua biografia, “Il meglio deve ancora venire”. Gli basti pensare che forse il peggio è passato.
Carlo Gioia
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