Michael Folorusnho sforna – stavolta contro la Juve – l’ennesima prestazione di lustro (con un gol capolavoro), ma stavolta non nel traffico del centrocampo. Baroni affida al giocatore in prestito dal Napoli un nuovo compito, e si adatta perfettamente alla collocazione in attacco nelle vesti di esterno. Brillando…
Hellas Verona, Folorunsho, dai litigi con Inzaghi all’esplosione con Baroni. E ora il Napoli si ritrova un gioiello
La carriera di Folorunsho è iniziata nelle giovanili della Lazio. Anche se il centrocampista classe ’98 avrebbe potuto andare alla Roma: “I giallorossi lo avevano notato – racconta mister Belardo -. Lui è cresciuto a Tor Vergata in una situazione familiare delicata. Trigoria è dall’altra parte della città, era impossibile per lui allenarsi lì ogni giorno”. Ha girato tanti piccoli club prima del Savio: Pro Roma, Vigor Perconti, Tor Sapienza. Poi è arrivata la chiamata del club biancoceleste. Michael è cresciuto tifando in Curva Nord e quella fede ce l’ha tatuata sulla pelle. Dietro la schiena ha disegnato il Fontanone con scritto S.S. Lazio.
“Con noi è rimasto un anno, abbiamo vinto le finali regionali e disputato quelle nazionali. Una volta a cena mi fece arrabbiare. La regola era niente cappelli e telefoni. Lo sorpresi con lo smartphone e al debutto nell’ultima parte del torneo lo lasciai in panchina. Perdemmo 1-0, ma dovevo dare un segnale alla squadra”. Folorunsho è sempre stato un ragazzo rispettoso, però a volte infrangeva le regole. E Inzaghi alla Lazio lo rimproverava in continuazione. Il centrocampista ha cominciato in Primavera quando in panchina c’era l’attuale tecnico dell’Inter. In quel gruppo giocava pure Leonardo Nolano: “Per noi era soltanto Folo, ci conosciamo da sempre. Il mister era un perfezionista, attentissimo ai dettagli. Se Folo sbagliava qualcosa, lo riprendeva.
Ma Michael ha un carattere forte e rispondeva. Si beccavano in continuazione, in fin dei conti però avevano un bel rapporto”. Era il più simpatico del gruppo: “Quante ne abbiamo combinate nello spogliatoio. Nascondevamo borsoni e vestiti ai compagni”. Quando Inzaghi è passato in prima squadra dopo l’esonero di Pioli, si è ricordato di Folorunsho. A 19 anni lo ha convocato per i quarti di Coppa Italia contro l’Inter a San Siro. Era il 2017, con Biglia infortunato fu chiamato lui. Ha condiviso lo spogliatoio con Felipe Anderson e Klose, purtroppo non è arrivato l’esordio. “La mia famiglia scoppiò in lacrime una volta saputa la notizia”, ha poi raccontato il centrocampista. Il primo passo verso il sogno. Poi la Lazio ha scelto di non rinnovargli il contratto e Michael ha giocato tre anni in Serie C alla Virtus Francavilla. Nel 2019 il Napoli acquista il suo cartellino e in questi anni lo gira in prestito in B tra Bari, Reggina e Pordenone. Fino al Verona, riporta la rosea.
La famiglia accanto – Folorunsho è cresciuto sui campetti della periferia romana: “Ero sempre insieme a mio fratello maggiore che giocava con i suoi amici – ha raccontato il calciatore – mi infilavo tra loro, prendevo tante botte, ma così mi sono formato. Poi i nostri genitori ci hanno iscritto a scuola calcio e piano piano ho cominciato il mio percorso”. Gli scout della Lazio lo hanno notato durante una finale regionale tra il Savio e l’Ostia Mare. Michael è passato dallo sventolare la sciarpa biancoceleste in Curva Nord a vestire la maglia della sua squadra del cuore. Ha sempre ammirato Paolo Di Canio e la famiglia non l’ha mai lasciato solo. Sul braccio destro si è tatuato il ricordo di lui bambino che gioca a calcio insieme ai nonni. Tra colpi di testa, rimproveri e tanta gavetta finalmente Folorunsho si è preso la Serie A. In estate Baroni lo ha voluto fortemente al Verona. Lui con i tre gol realizzati finora lo ha ripagato della fiducia. Al Savio parlano ancora di quella prodezza da centrocampo e fanno tutti il tifo per lui. Undici anni dopo non è proprio cambiato.
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