L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si è soffermata sul caso Acerbi-Juan Jesus.
Gazzetta- Juan Jesus era troppo convinto della sua verità ed ha commesso due grandi errori!
Il giocatore ha voluto compiere questo percorso da solo, appoggiandosi unicamente al suo agente Roberto Calenda, senza ritenere necessaria l’assistenza di un legale del Napoli. Probabilmente era talmente convinto della sua verità, talmente certo che non avrebbero fatto alcuna fatica a credergli, da affrontare l’audizione a cuor leggero. Un’ingenuità buona. Di certo gli è stato chiesto se non ci fosse un compagno in grado di confermare la sua versione. Lui probabilmente non si era neanche impegnato più di tanto a cercarlo (un avvocato ci avrebbe senza dubbio lavorato) e ha candidamente detto di no. Dietro a quel “finanche” c’è anche la volontà da parte del Giudice di sottolineare che sarebbe bastato poco, anche un indizio come la parola di un compagno, per avere un esito diverso. Del resto è proprio la mancanza di indizi, più che di prove, ad aver determinato la piena assoluzione di Acerbi.
È chiaro che se fosse stato trovato un audio o un video in grado di accertare l’insulto razzista del nerazzurro, si sarebbe immediatamente proceduto con le «almeno dieci giornate di squalifica» previste nell’articolo 28 del Codice di giustizia sportiva sul “comportamento discriminatorio. La FIGC non impugnerà la sentenza Acerbi. Il numero uno della Figc lo aveva fatto ad aprile del 2023, quando aveva annullato la squalifica di Lukaku ammonito per la reazione agli insulti razzisti in Juve-Inter. Questa volta ritiene che il caso sia diverso: fidandosi ciecamente del lavoro degli organi di giustizia federale, non può che ritenere che non ci siano elementi sufficienti per procedere contro Acerbi. Dunque il caso sportivo si chiude qui.
Carlo Gioia
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