L’Italia è stata eliminata da Euro24: la Nazionale allenata da Luciano Spalletti non è riuscita a superare l’ostacolo Svizzera, uscendo agli ottavi della competizione nel corso della quale gli Azzurri non hanno mai dimostrato di poter arrivare lontano, sia per il livello di gioco e sia per il livello dell’organico, nettamente inferiore rispetto a quello dell’ultimo Europeo, vinto proprio dalla nazionale tricolore, all’epoca allenata da Roberto Mancini.
Un fallimento chiamato Italia, poco spazio al talento: il ridimensionamento del sistema calcio
Dopo due qualificazioni Mondiali sfumate per via di un sistema che iniziava a vacillare vertiginosamente, questo ennesimo fallimento risulta essere la conseguenza dei tanti problemi che affliggono il nostro calcio. Evidenziati proprio da Mancini poco dopo essersi dimesso dal suo ruolo di ct, i vertici della FIGC, tra tutti il presidente Gravina, si sono difesi solo a parole, non effettuando nessun cambiamento radicale all’interno del già citato sistema sempre più vecchio e in declino.
Quello che si può notare, rispetto per esempio a 18 anni fa, quando l’Italia aveva appena vinto un Mondiale nello stesso stadio della sfida di oggi contro la Svizzera, è la vastissima differenza di livello dei giocatori, i quali non sono in grado, fatta eccezione per pochissimi, di reggere il nome della competizione, semplicemente perchè non capaci di raggiungere quel livello tecnico necessario per arrivare i fondo al torneo.
Tuttavia, la colpa dell’eliminazione non può essere assolutamente essere attribuita ai ragazzi in campo, bensì agli errori commessi dal già più volte citato, e forse troppe, sistema italiano, protagonista in negativo del discorso. Rispetto ai Gattuso, ai Materazzi, ai Totti, agli Insigne, agli Immobile, giusto per fare vari nomi di diverse epoche calcistiche, le nuove generazioni oggi in campo sembrano essere più lontane dal concetto di impegno che serve per diventare campioni e far parte della storia di questo sport.
Già nelle scuole calcio, gli “insegnanti” si concentrano nel formare giocatori fisici e posizionali per permettere alle accademie di poter vincere più trofei possibili: errore gravissimo che dovrebbe essere gestito in maniera differente da parte della FIGC. Tutto ciò rende il calcio uno sport imborghesito dagli uffici italiani che si sono dimenticati di quanto sia bello il calcio di strada e fatto nelle piazze, contesti dove il talento può emergere meglio. Prendiamo come esempio il sudore e l’impegno che la Georgia sta dimostrando in campo, grazie ad una squadra che, avendo solo Kvaratskhelia come top player assoluto, ha conquistato degli storici ottavi di finale.
Come dice lo stesso 77 del Napoli, le strade georgiane sono ricche di bambini che, anche scalzi, giocano per strada solo per il gusto di farlo, imparando il sudore e la fatica che ci vuole per vincere una partita. Questa pratica in Italia si sta perdendo, mentre in Brasile non smette mai di esistere. Proprio la nazionale Verdeoro può vantare talenti universali come il fresco Endrick o Estevao, entrambi scuola Palmeiras, cresciuti in contesti dove il calcio viene riconosciuto per quello che è: uno sport per tutti, senza distinzioni tra classi sociali
La borghesia sta uccidendo il calcio italiano e anche se questa enorme macchia nera sembra essere sotto l’occhio di tutti, nulla mutua. L’unica cosa che cambia è la consapevolezza dei giocatori italiani, svuotati del loro talento e della loro cattiveria agonistica fin da piccolissimi.
Altro enorme problema all’interno del sistema calcio italiano è la presenza di pochissimi giovani all’interno delle squadre: spesso infatti, le big di Serie A pur di non scommettere su un talento, quest’ultimo viene mandato in giro per la penisola in prestito, o addirittura in Europa per “fare le ossa”, proposizione tanto fastidiosa quanto stupida: pensiamo al già citato Endrick del Real Madrid o Yamal del Barcellona, entrambi classe 2007, o i vari giovanissimi inglesi che debuttano e giocano titolati nella Nazionale dei Tre Leoni. In Italia succede invece che, mentre non si punta sulla crescita di giocatori italiani, si da spazio a stranieri per provare a vincere un campionato Under 15, 17 o addirittura Primavera.
La speranza è nei vari Baldanzi, Casadei, Pafundi, Camarda, Gnonto e cosi via, quei giocatori giovani e talentuosi che magari riusciranno a riportare in alto il nome dell’Italia. Per il resto c’è molto da cancellare, come le tante chiacchiere arrivate dal ct e il silenzio del presidente Gravina che difficilmente avrà l’intenzione di cambiare qualcosa. Se tre indizi fanno una prova, è ormai palese che la borghesia entrata nel calcio italiano ha ridimensionato il valore del nostro paese in questo sport, soprattutto nel momento in cui nasce un sentimento di abitudine nei confronti del fallimento, la sensazione peggiore che potesse mai esserci. Viva il calcio di strada, quello che aiuta a crescere e cancelliamo il calcio d’ufficio, quello che aiuta a vincere.
Mario Di Domenico