“Il Corriere dello Sport” si è soffermato sul feeling tra Empoli e Napoli, citando alcuni trasferimenti passati ed un precedente singolare.
CorSport – Da Sarri a Di Lorenzo: Empoli-Napoli, quanti incroci! E quel precedente…
Empoli ha sempre avuto un feeling particolare con Napoli, sin dalla prima repubblica del pallone. Con le fisiologiche differenze. All’epoca, era soprattutto l’effetto della tradizionale emigrazione. Non fuggono solo i cervelli, fuggono anche i talenti. Da sempre. E quelli calcistici, soprattutto della provincia di Napoli, fuggivano spesso a Empoli. In quella provincia toscana giocarono talenti purissimi come Totò Di Natale e Vincenzo Montella, due attaccanti che oggi il ct della Nazionale terrebbe sotto vetro. Ma anche i più modesti Nicola Caccia, Carmine Esposito e Giovanni Martusciello poi diventato vice di Sarri.
Fu con De Laurentiis che prese piede il fenomeno che qualcuno a Napoli definì empolizzazione. All’ombra del Vesuvio la moda scoppiò il 30 aprile del 2015. La sera in cui i ragazzi terribili allenati da un certo Maurizio Sarri rifilarono quattro gol al Napoli di Benitez. Cominciò tutto con quel 4-2. Fu il primo tassello di un processo che ha caratterizzato molti anni di gestione De Laurentiis. Il presidente prese una vera e propria sbandata per il modello Empoli. Non parlava d’altro. Anche nei colloqui che all’epoca ebbe con vari allenatori nella laboriosa ricerca del successore di Benitez. Pure con Mihajlovic. Leggenda vuole che mentre i due erano intenti a immaginare il Napoli del futuro, De Laurentiis citò un bel po’ di calciatori dell’Empoli che gli sarebbe piaciuto avere in squadra. All’ennesimo nome, Sinisa non riuscì a trattenere il proprio scetticismo: «Presidente, ma lei vuole vincere lo scudetto o vuole salvarsi?».
Poche settimane e a Castel Volturno arrivò quel signore finto timido che sarebbe poi diventato il simbolo di una rivoluzione proletaria calcistica. Sarri portò con sé Hysaj e Valdifiori che il Comandante presentò come un calciatore dalla ineguagliabile rapidità di pensiero. In realtà pare che non lo volesse ma il presidente ne era innamorato. Il prediletto di Sarri era un altro: Riccardo Saponara. Il signor Maurizio disse di lui che presto il campionato italiano non sarebbe riuscito a trattenere il suo talento. I top club della Premier si sarebbero accapigliati per Saponara. Non andò proprio così. Per fortuna del Napoli, De Laurentiis si oppose ed evitò il sacrificio di Insigne. Di lì a poco, nacque il 4-3-3 che avrebbe segnato un’epoca: con Jorginho in campo (e Valdifiori in panchina), Insigne a sinistra e Saponara in Toscana. Ma il canale era ormai aperto. Non sarebbe stata una vera e propria empolizzazione, ossia una colonizzazione del Napoli, ma la fascinazione rimase. Arrivarono altri calciatori: o direttamente da lì, oppure che si erano formati nel piccolo club toscano. Da Zielinski a Mario Rui, da Verdi a Tonelli. Fino a Di Lorenzo che oggi è l’ultimo superstite di quella pattuglia. Ci sarebbe anche Caprile ma Caprile a Empoli ha giocato in prestito. Come, prima di lui, l’altro portiere Sepe o, ancora, Luperto che poi in Toscana è tornato.
Non sappiamo se siano cambiati i gusti del presidente. In realtà è il Napoli che è cresciuto. Sono diversi i parametri. Diversa è, soprattutto, l’ambizione. Non a caso quest’estate, con Antonio Conte in panchina, il Napoli ha pescato altrove i propri rinforzi. Ha comprato dal Manchester United (McTominay). Dal Chelsea (Lukaku). Dal Brighton (Gilmour). Tre calciatori provenienti da tre club della Premier. Oltre che dal Benfica (Neres). E dal Torino (Buongiorno). Il modello non è più la provincia virtuosa ma, preferibilmente, top club dove i calciatori respirano e si confrontano o con l’abitudine alla vittoria o, quantomeno, con alti livelli di ambizione.
Carlo Gioia
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