Fabrizio Miccoli, ex capitano di Palermo ed ex, tra le altre, di Juve e Benfica, ha raccontato la sua difficile odissea giudiziaria, che lo ha visto condannato per estorsione con metodo mafioso, legata a un debito del fisioterapista del Palermo. Dopo aver scontato tre anni e tre mesi di pena (con affidamento in prova dopo sei mesi di carcere), Miccoli ha cercato di lasciarsi alle spalle il passato, rifacendosi una vita lontano dal calcio, che continua ad amare, ma senza il lusso di un tempo.
Miccoli: “Mi sono rimasti solo tre amici, vi racconto com’è il carcere”
Oggi, il Romario del Salento è un imprenditore nel settore turistico, gestendo strutture alberghiere con la moglie Flaviana, e si dedica anche personalmente all’accoglienza dei clienti. Recentemente ha incontrato Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia, per scusarsi delle sue precedenti dichiarazioni, ammettendo il suo pentimento.
Il periodo in carcere è stato traumatico per Miccoli, che ha raccontato quanto sia difficile dimenticare quell’esperienza. Nonostante i rimpianti, come la sua ingenua disponibilità verso gli altri, l’ex calciatore si considera una brava persona e ha cercato di rimediare, anche tramite iniziative benefiche. Per quanto riguarda gli amici, Miccoli ha ammesso che molti lo hanno abbandonato, ma ha ancora pochi legami stretti, tra cui quelli con Giovanni Fasano, Pierpaolo Mengoli e Antonio Savoia, che lo hanno supportato durante e dopo la sua detenzione. Non mancano, comunque, gli affetti veri, come quelli di Roberto D’Aversa, Serse Cosmi e Francesco Moriero, che continua a sentire tuttora.
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