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Buffon, l’eterno amore per la Juventus: “L’estate del 2006 è stata un’umiliazione”

VERONA, ITALY - FEBRUARY 27: Gianluigi Buffon of Juventus gives a thumbs up prior to the Serie A match between Hellas Verona FC and Juventus at Stadio Marcantonio Bentegodi on February 27, 2021 in Verona, Italy. Sporting stadiums around Italy remain under strict restrictions due to the Coronavirus Pandemic as Government social distancing laws prohibit fans inside venues resulting in games being played behind closed doors. (Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images )

Gianluigi Buffon, attuale capo-delegazione della Nazionale italiana, ha raccontato alcuni dei momenti più intensi della sua carriera alla Juventus in un’intervista a ‘Juventibus’. Tra i temi più toccanti, la scelta di rimanere in bianconero dopo la retrocessione della squadra in Serie B nel 2006, una decisione che per il portiere rappresentò un atto di lealtà verso il club e i tifosi.

Buffon, l’eterno amore per la Juventus: “L’estate del 2006 è stata un’umiliazione”

“Avevo 28 anni, ero nel periodo migliore per un portiere. Sentivo fosse la scelta giusta. Guardandomi allo specchio, volevo rispettarmi”, ha dichiarato Buffon, sottolineando come la decisione fosse dettata da valori personali più che da ragioni economiche. “A Secco dissi: ‘Se volete, rimango. Mi potete togliere il 15% dello stipendio’. Non mi importava dei soldi, lo facevo per la gente e per il senso di giustizia”.

Buffon ha poi toccato il delicato tema degli scudetti revocati dopo il processo Calciopoli, rimarcando il valore del lavoro fatto sul campo: “Mi sono concentrato su quello che diceva il campo. Quelle medaglie le ho ancora, e sorrido. So cosa è successo in campo, chi è stato più bravo e chi meritava”. Una posizione ferma, che ribadisce l’importanza delle prestazioni sportive al di là delle vicende giudiziarie. Un altro momento significativo è stato il ricordo delle vicende giudiziarie che coinvolsero Buffon nell’estate 2006: “Per me è stata un’umiliazione. Mi sono sentito strumentalizzato da una giustizia che voleva infangare gratuitamente. Quelle accuse mi fecero male, toccarono corde profonde su cui non si dovrebbe mai scherzare”.

Andrea Alati

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