L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” ha analizzato la stagione del Napoli, soffermandosi sul tecnico Antonio Conte.
CorSport – Napoli, il miracolo spiegato: Conte ha il ritmo del terzo scudetto
Tutte le volte che Spalletti mette piede a Napoli è festa grande. Se i primi due scudetti della storia napoletana appartenevano a Diego, il terzo è stato lo scudetto di Luciano. I suoi meriti, su quel trionfo, sono indiscutibili. Gioco, risultati, vantaggio smisurato (16 punti) sulla Lazio arrivata al secondo posto e sull’Inter (18) arrivata terza. Quel Napoli era uno spettacolo, una perfetta fusione fra gioco e giocatori, fra collettivo e individualità, fra movimento corale e spunti dei singoli. Spalletti aveva unito in una sintesi perfetta il meglio del suo mestiere col meglio del mestiere dei suoi giocatori. Che erano forti, fortissimi, alcuni addirittura ineguagliabili. Pensiamo al Kvaratskhelia di quella stagione, pensiamo a Osimhen capocannoniere del campionato con 26 gol, pensiamo a Kim che, appena arrivato, era stato circondato da un’aria di diffidenza perché aveva preso il posto di Koulibaly, il difensore regale, come lo chiamava Spalletti, e poi abbiamo visto che giocatore era…
Ora il Napoli è di nuovo in testa alla classifica con due punti di vantaggio su una squadra più forte, più completa e più ricca come l’Inter. Due anni fa, quando gli uomini di Spalletti dominavano il campionato, erano in pochi a sorprendersi, ora sono tanti di più, anche se il Napoli non gioca le coppe. Certo, anche allora l’Inter aveva un organico di notevole portata, però la differenza fra le due squadre era ridotta. Oggi sul piano tecnico il Napoli ha perso molti riferimenti di quella fantastica stagione. Basta dare un’occhiata ai numeri per rendersene conto. Nel 2022-23, dopo 25 giornate Osimhen aveva segnato 19 gol, era già in testa alla classifica dei cannonieri dove il quinto posto era occupato da Kvaratskhelia; oggi il miglior marcatore del Napoli è Lukaku con 9 gol e per trovare il secondo bisogna scendere a quota 6 con McTominay.
Il punto di forza della squadra di questa stagione è il centrocampo con Anguissa, Lobotka (c’erano anche con Spalletti, ma avevano due anni in meno, ora viaggiano o superano i 30) e McTominay, un armadio con ruote, motore e fari spenti per inserirsi in area. Con Spalletti quel posto era di Zielinski, che aveva in Elmas un cambio della stessa qualità tecnica. Oggi in mezzo al campo le alternative sono meno incisive. Sulla destra, Politano era l’alternativa a Lozano, adesso Politano è titolare indiscusso. È arrivato Neres, ma pur con tutta la stima possibile (stima meritata, sia chiaro) non sfiora il livello del Kvara dello scudetto. Al centro della difesa Buongiorno può non far rimpiangere Kim, ma forse non si può dire lo stesso di Olivera nei confronti di Mario Rui, che a Napoli chiamavano “il professore” perché in campo capiva tutto prima degli altri e, pur giocando sulla fascia, sembrava un regista aggiunto. Mario Rui aveva già 32 anni, Olivera era il suo sostituto, adesso Olivera è titolare.
Quando Inzaghi si gira verso la sua panchina per pensare a un cambio, trova giocatori che possono mantenere lo stesso livello della squadra titolare. Conte no, o almeno non ha questa stessa possibilità per tutti i ruoli. È la ragione per cui mentre l’Inter non si sposta dal 3-5-2 e Simone fa i cambi ruolo su ruolo, il tecnico salentino quando si trova in emergenza deve cambiare modulo, passando dal 4-3-3 al 3-5-2 in base ai giocatori a disposizione.
Carlo Gioia