Non sono bastati l’impegno delle ultime settimane né la proroga concessa per tentare un salvataggio in extremis: l’ACR Messina si ferma ancora, inciampando su una cifra rimasta fuori portata. A mettere nero su bianco la fine dell’iniziativa è stato il notaio Bernardo Maiorana, certificando l’esito negativo di una corsa contro il tempo che ha appassionato – e poi amareggiato – un’intera città.
Messina, fine di un sogno: sfuma il salvataggio dell’ACR
La scadenza decisiva, inizialmente prevista per la tarda mattinata, era stata rinviata alle 16:30 nella speranza che le ore supplementari potessero colmare il gap economico. Una speranza vana: i 163.000 euro raccolti, pur frutto di uno sforzo collettivo, non sono bastati a raggiungere la soglia di 312.000 euro necessaria per garantire la sopravvivenza della società. La cifra mancante – 149.000 euro – è diventata un ostacolo insormontabile, nonostante la città conti oltre 220.000 abitanti.
I fondi già versati saranno restituiti ai donatori, ma il fallimento del piano coinvolge più attori. L’Amministrazione Comunale viene ora accusata di essere intervenuta troppo tardi, mentre il mondo imprenditoriale locale è apparso assente. Anche la stampa ha alimentato – forse con eccessiva leggerezza – aspettative costruite sulle promesse di soggetti privi di garanzie concrete. È il caso dell’Aad Invest Group, subentrata alla famiglia Sciotto, che si è rivelata priva delle risorse promesse. Intanto, le due ultime gare di campionato contro Foggia e Juventus Next Gen perdono buona parte del loro significato. Sul piano tecnico, la salvezza resta aritmeticamente possibile, ma sullo sfondo si staglia una realtà ben più amara: il futuro del club è incerto. Tra i timori principali, quello di una mancata iscrizione al prossimo torneo e di una possibile quarta ripartenza dai dilettanti in poco più di trent’anni.
Andrea Alati