Il Corriere dello Sport intervista l’allenatore del Guangzhou Evergrande Fabio Cannavaro, che racconta la sua percezione dell’emergenza sanitaria italiana per Coronavirus. Una “paura strisciante”, un virus che “è di tutti, non fa distinzioni” e “si sta diffondendo ovunque”. Racconta come è stata fronteggiata l’emergenza in Cina, della paura per i familiari ancora a Napoli e di un’iniziativa con Del Piero per aiutare il Paese.
CdS – Intervista a Fabio Cannavaro: “Applaudo De Luca, in questi casi non è ammessa incoscienza”
“C’è stato immediato ricorso alla tolleranza zero, che deve essere recepita anche da noi, senza superficialità, come stiamo facendo e come non riscontro in altri Paesi, che mi sembra abbiano reagito con discutibile leggerezza. Ma qui i controlli sono stati seri e rigorosi, c’erano controlli agli ingressi dei condomini, alle uscite delle autostrade, ho visto ambulanze ai caselli e l’Esercito nelle strade deserte.
Il problema più grosso, nella fase iniziale della diffusione della pandemia, lo ha rappresentato la fuga dalle zone rosse. So che in Italia c’è gente che si ammassa nei treni, da Nord a Sud, per tornare nei propri luoghi. Ed è questo l’errore più grosso che si possa fare, perché con questi esodi si allargano le aree di contagio e si creano nuovi casi che finiranno per trasmettere il coronavirus in altri territori”.
Ben venga il polso mostrato dal Governo italiano: “Mi permetto, da qui, di applaudire Vincenzo De Luca, il presidente della Campania, per il suo decisionismo. La gente deve capire che bisogna starsene rinchiusi in casa, come viene stabilito da chi ne sa più di noi. Non è ammesso alcun atteggiamento di incoscienza”.
La scelta di fermare il calcio: “Non è lontanamente ipotizzabile, come pure è accaduto sino a qualche giorno fa, di lasciar disputare avvenimenti a porte chiuse. Pure quelle sarebbero state, e spero non lo siano state, fonti di spargimento dell’infezione. Il collasso dal punto di vista sanitario va scongiurato, però con certi atteggiamenti si creano le basi per alimentarlo. Le strutture non sono adeguate, e non lo erano neanche qui, dove però hanno seguito principi inderogabili. Ci sono stati momenti lunghi in cui per le vie della città non c’era anima viva e non è un modo di dire, mi creda”. Non è questo il momento di pensare al calcio, al campionato, alle coppe, agli Europei: “Adesso non ce ne frega niente, l’ha capito anche la gente, che ha preso coscienza di cosa stia accadendo”.
Il virus non fa sconti, continua, per fronteggiarlo bisogna cambiare le nostre abitudini: “Non siamo in guerra, quello è stato chiesto ai nostri nonni. E a noi, parafrasando uno di quegli slogan che via social tentano anche di sdrammatizzare e dai quali siamo inondati, viene chiesto semplicemente il sacrificio di starcene stesi sul divano. Leggiamo, informiamoci di cosa ci succede intorno, telefoniamo ai familiari che stanno lontani, ma evitiamo di andare in giro, di muoversi, perché il virus è pericoloso. Io ho parlato poco fa con Del Piero, stiamo provando a studiare qualche iniziativa che possa essere di sostegno per il nostro Paese. Qualsiasi idea utile che serva, magari per gli Ospedali”.
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