L’editorialista fiorentino del quotidiano d’ispirazione cattolica e consulente della CEI, Umberto Folena, dalla sua rubrica Parolacce e paroline contenuta su Avvenire di questa domenica spera in una ripresa del campionato, proponendo un pezzo che può essere interessante sotto tanti punti di vista.
Avvenire – Umberto Folena: “Se possibile, ridateci il buon vecchio calcio”
“Spero che si torni a giocare a calcio prima possibile. A vedere il calcio in televisione. A parlare di calcio giocato. Lo spero. Ne avverto un forte bisogno. E ho smesso di vergognarmene, be’, quasi del tutto. Lo spero pur sapendo di essere in esigua minoranza ed esposto a critiche feroci. Calcio è parolina alcune volte e parolaccia altre volte. Ma nel momento eccezionale che stiamo vivendo è quasi soltanto parolaccia innominabile, e con ottimi motivi. Perché riaprire al calcio giocato? L’Italia ha ben altre priorità. È tutto vero e giusto, la ragione dice no. Disgraziatamente, noi non siamo fatti solo di “ragione”. Alcuni, forse pochissimi, per uscire dal grigiore di troppe giornate spente sentiamo il bisogno di un aiuto. Il calcio è questo aiuto. A chi gli domanda perché stia “buttando” denaro nella sua squadra di calcio e in uno stadio dotato di tribune, l’imprenditore John Cartwright mostra la folla di operai, artigiani, gente del popolo assiepata sulle gradinate: «Non ho mai visto persone così felici. Questo gioco è tutto per loro». È una scena della serie tv The English Game (di cui Avvenire ha parlato due volte). La frase è un formidabile assist all’altra facile critica: ecco, il calcio come oppio del popolo! Non sarà “tutto”, il calcio. Ma proprio la sua assenza ha mostrato che è molto. Io ne ho bisogno, lo confesso. E spero che torni, anche se mutilato degli spettatori. Non è tutto, ma serve per ritornare a vivere, sperare, sorridere. Togliercelo, significherebbe infliggerci un’ulteriore punizione. Di cui invece non ho bisogno”.
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