Carlo Molino, direttore dell’Unità operativa complessa di chirurgia generale I e chirurgia del pancreas, è il primo donatore di plasma iperimmune del Cardarelli di Napoli.
Coronavirus, è un medico il primo donatore di plasma iperimmune del Cardarelli di Napoli
Uscito da pochi giorni da una forma fortemente sintomatica, Molino è tornato in sala operatoria. Come gesto di responsabilità, sottolinea una nota, ha voluto essere il primo a donare il plasma da trasferire all’ospedale Cotugno, HUB campano del protocollo Tsunami. “Il dibattito sull’utilità del plasma Covid è aperto – spiega Molino – questo plasma servirà proprio a quei ricercatori che dovranno comprendere se e in che modo il plasma iperimmune potrà essere un’arma efficace contro il Covid”. Molino, “che ha scelto di gestire la propria malattia da casa per non pesare sull’esistenza ospedaliera”, si sottolinea, lancia anche un messaggio che va nella direzione della prevenzione. “Troppe persone non stanno venendo a curarsi per il timore del Covid, il Cardarelli ha tutti i requisiti e i percorsi che mirano a garantire la sicurezza dei pazienti. Sottrarsi a cure indispensabili per paura del virus potrebbe portare a conseguenze drammatiche”. “Con la certezza di poter fare la propria parte anche nel sostenere la ricerca, il Cardarelli di Napoli ha avviato lo screening per la raccolta di plasma iperimmune tramite il servizio trasfusionale che fa riferimento all’Unità Operativa Complessa di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, diretta dal dottor Michele Vacca” si afferma nella nota. Per le prossime settimane il Cardarelli identificherà i pazienti idonei a donare il plasma e li convocherà chiedendo una disponibilità allo screening e alla eventuale successiva donazione, ove siano presenti anticorpi neutralizzanti in quantità adeguata. “Ad oggi i report pubblicati sono contraddittori – dice Michele Vacca -, l’unico studio randomizzato con un numero di casi accettabile, peraltro pubblicato su una rivista ad alto impatto scientifico, ha concluso per l’inefficacia di questa terapia. Questo studio è stato però fortemente criticato dalla comunità scientifica europea che ne evidenziato bias importanti. È dunque evidente che la questione è tutt’altro che consolidata”.
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