Erano Insigne e Mertens, oggi ormai (e a furor di popolo) sono Lorenzinho e Ciro. Concorrenti e poi complementari, ma mai nemici. Il talento fatto in casa e il belga sono da anni l’unica garanzia del club in termini di apporto offensivo.
Focus Napoli, Lorenzo e Ciro: i gemelli (diversi) del gol
La loro intesa ormai è risaputa, frutto anche di un rapporto che va oltre il terreno di gioco. I due calciatori protagonisti di questo focus, in un calcio sempre più fisico e muscolare rappresentano l’eccezione, quella di un tandem di piccola taglia che basa tutto sulla velocità e la sincronia dei fraseggi comminata all’estro più puro. Un duo “vintage”, ma autore dei gol e delle giocate più importanti del Napoli della storia recente. Adesso è facile parlarne come due dei migliori talenti della loro generazione. Ma tanta considerazione non è stata né scontata né fisiologica. Al contrario. Ci hanno messo un po’ per guadagnarsela. Il passaggio è stato lungo e, per certi versi, doloroso. Sì, perché l’Insigne che Gattuso trova al momento del suo insediamento sulla panchina partenopea è un giocatore umorale, indefinito e indefinibile. Capitano smarrito, mai profeta in patria. Da reimpostare del tutto, come il resto della squadra. E Dries, in particolar modo, sottovalutato – forse troppo spesso – dai media nazionali. Un giocatore riconoscibile e riconosciuto come un campione in città e in tutta Europa, spesso poco considerato invece dalla stampa che venera i Ronaldo, Ibra, Dybala, Lukaku e compagnia segnante. Si finisce infatti per dimenticare delle evidenze molto significative, non solo in termini statistici, che pure sono importanti. Dal punto di vista realizzativo in primis: la crescita è stata tanto evidente quanto esponenziale dalla gestione Sarri in poi. Anche a trentatré anni suonati e con un contratto appena rinnovato. Insigne e Mertens sono prodotti tecnici ed emotivi costruiti all’ombra del Vesuvio. È manifesta la fidelizzazione bidirezionale tra club e calciatori nell’era De Laurentiis. E loro due sono l’esempio migliore, il più calzante. Sigillo di garanzia. E se la critica più aspra oggi lascia perdere le maschere e li prende sul serio, è perché l’hanno fortemente voluto e conquistato sul campo. Due che riescono a leggere e interpretare al meglio i flussi di gioco (da Benitez ad oggi), brevettando movimenti che ancora oggi costituiscono l’ago della bilancia delle fortune offensive azzurre. E sappiamo quanto ci hanno lavorato. Il resto, è storia recente…
di Andrea Fiorentino
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