L’ex faro del gioco partenopeo si è imposto alla grande anche in Europa con la maglia del Chelsea (è reduce dalla vittoria della Champions League coi Blues) e con la nazionale di Roberto Mancini. L’italo-carioca, intercettato dagli inviati dell’Italia per questo Europeo itinerante, ha affrontato vari argomenti di attualità, tra cui il bel clima che si respira in maglia azzurra, della prossima sfida contro la Svizzera e la vicenda che ha colpito il collega danese Christian Eriksen ieri durante la gara contro la Finlandia.
Italia, Jorginho: “Questo gruppo somiglia a quello del Chelsea, come Barella con Kanté. Ho appreso molto da tutti gli allenatori che ho avuto. In bocca al lupo ad Eriksen”
“Vincere è bello e dobbiamo essere felici – ha detto il regista azzurro classe 1991 – Bisogna sempre festeggiare le vittorie, ma personalmente non ho visto niente di eccessivo. Questa squadra non perderà mai l’umiltà e la fame. La Svizzera (reduce dal pareggio – 1-1 – con il Galles, ndr) è un’ottima squadra, organizzata e con lo stesso tecnico da anni. Dobbiamo stare attenti ai loro meccanismi consolidati. Hanno giocatori esperti e che hanno fatto due o tre competizioni insieme”. Inevitabile tornare sulla vicenda Eriksen e sulla reazione dei suoi compagni di nazionale dopo il malore improvviso: “Noi siamo sempre al centro dello spettacolo, ma il calcio va oltre. La passione dei tifosi, il lavoro dietro le quinte di chi ci aiuta tanto, di quello non si parla molto. Il calcio è bello anche per questo, non solo per quello che avviene in campo. Quello che è successo ieri è stato veramente forte. L’ho sentito molto. In quel momento pensavo ai compagni, ai tifosi, a sua moglie che stava lì. A nome di tutti noi, faccio un grande in bocca al lupo a Eriksen e alla sua famiglia. Gli dico di essere forte”.
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Le vittorie in Europa, il rapporto con Mancini e la forza del gruppo azzurro. “Tutti hanno imparato la filosofia, quello che vuole il mister è nelle nostre teste. Tutti hanno le caratteristiche per giocare in questa filosofia di calcio, che è più importante di chi gioca. Noi vogliamo la palla, trovare gli spazi e andare avanti. Chi va in campo cerca di farlo con questo atteggiamento. Vincere in Europa è stato veramente molto bello. È difficile trovare parole per descriverlo. Devi vivere quelle emozioni per capirle. Ora vorrei sentire quelle emozioni con la Nazionale. Questo gruppo somiglia al Chelsea: è meraviglioso, abbiamo tanta fame, tanta voglia di dimostrare, dai più esperti ai più giovani. Se mi sento il leader della squadra? Sono un ragazzo e un giocatore che cerca di aiutare tutti. Ci sono tanti grandi giocatori qui, con grande personalità. Quello di Chiellini, di Bonucci, di Insigne, di Verratti, che può darci tantissimo come qualità e personalità. Non vediamo l’ora di riaverlo perché può aiutarci molto, e poi di Immobile, di Donnarumma… Tutti possiamo aggiungere qualcosa e aiutare la squadra”. N’Golo Kanté e Nicolò Barella, suoi compagni rispettivamente al Chelsea e in nazionale: “Si somigliano come caratteristiche: hanno potenza fisica, corrono per tutti, per 120 minuti, coprono tanto il campo. Devo dire che mi danno una grossa mano nel recuperare palloni. Credo che Nico somigli molto a Kanté”. I suoi allenatori come modelli da cui apprendere sempre qualcosa. “Il merito è di tutti quelli che ho incontrato. Di tutti gli allenatori, dalla Berretti, quando sono arrivato in Italia, alla C2, poi Mandorlini, Benitez, Sarri… Ho sempre cercato di imparare da tutti. Da piccolo guardavo Ronaldo, Ronaldinho, Kakà. A 13 anni ho incontrato un allenatore che mi ha messo davanti alla difesa. Lì o iniziato a guardare più a Pirlo e Xavi. Guardandoli giocare mi sono ispirato a loro: sono loro i miei modelli nel mio ruolo”.
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