In molto si chiedono cosa siano i “diritti d’immagine” e perché risultino essere così importanti per le società calcistiche.
L’atleta, dagli anni ’50, è gradualmente diventato uno dei maggiori strumenti capaci di sponsorizzare migliaia di prodotti altamente differenziati; oggi infatti è praticamente impensabile trovare atleti che non siano “brandizzati” da sponsor anche slegati dall’immagine prettamente sportiva. Basti pensare come alcuni calciatori, ad esempio, diventino modelli per qualche brand d’abbigliamento o per qualche importante catena che sponsorizzare gioielli o scarpe.
Gli atleti, ma in particolar modo i calciatori, sono quelli che vengono preferiti dalle grandi aziende per sponsorizzare il loro marchio, questo è il cosiddetto “brand testimonial”metodo molto redditizio per le imprese ed i calciatori perché combinando il valore effettivo e funzionale del bene, con l’importanza e l’attrattività dell’atleta sono alte le possibilità di ottenere una situazione di tipo “Win to win” (vantaggio reciproco) che porterebbe l’impresa ad introiti superiori alle aspettative ed il calciatore avrebbe una crescita esponenziale della sua visibilità che non sarebbe più rilegata solo ai “seguaci dello sport”, ma il target si amplierebbe anche a coloro che hanno interessi diversi dal calcio.
I calciatori, hanno la possibilità di utilizzare anche al di fuori delle competizioni ufficiali, per fini di lucro, la propria immagine, laddove però si intenda utilizzare la divisa ufficiale del club di appartenenza è necessario, oltre che il consenso dell’atleta, anche l’esplicita autorizzazione della società in cui lo stesso milita.
Da quanto detto risulta quindi che il calciatore è titolare esclusivo dei diritti di sfruttamento della sua immagine in “borghese” ma non della sua immagine in “divisa” cioè nulla deve esser associato a colori, simboli e nomi della società di appartenenza per garantire la regolarità di tali pratiche vi sono specifiche convenzioni stipulate dall’ A.I.C. (Associazione Italiana Calciatori) con la F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio) e la L.N.P. (Lega Nazionale Professionisti).
Entrando nello specifico: cosa sono i diritti d’immagine?
Sono dei “quasi diritti” di proprieta’ intellettuale in virtu’ di una riconosciuta rilevanza economica e giuridica. Questi quasi diritti ottengono un tipo di protezione “negativa”, volta a bloccare l’uso non autorizzato dell’immagine. Il riconoscimento avuto in sede giudiziale ha sopperito alla mancanza di quelle radici presenti invece nelle fonti costuzionali e civilistiche continentali.
La Costituzione Spagnola infatti, come anche il nostro codice civile e la giurisdizione tedesca e francese, vieta l’uso dell’immagine per scopi diversi da quelli di “informazione”.
Prevedere contrattualmente il compenso per l’utilizzo dell’immagine dello sportivo e’ diventata una pratica talmente diffusa che la Federazione inglese ha previsto di standardizzare le clausole relative allo sfruttamento dell’immagine per inserirle nelle condizioni generali dei contratti calcistici.
La provata commerciabilita’ dell’immagine di alcuni atleti rendeva inadeguati i contratti con clausole esclusivamente sportive, pertanto i manager dei calciatori hanno consolidato pratiche negoziali per l’inclusione dei diritti di immagine negli accordi con i clubs.
Va innanzitutto calcolato l’ammontare del valore di mercato dal punto di vista tecnico e dell’immagine del giocatore, poi viene fatturato tale valore nel contratto tenuto conto del valore aggiunto dalla squadra al giocatore (per esempio il prestigio raggiunto vestendo la maglia del Real Madrid) e dal giocatore alla squadra (per esempio il maggior numero di divise vendute grazie alla presenza del giocatore nella squadra).
I piu’ prestigiosi club inglesi ora intraprendono con maggiore persistenza la strada battuta da tempo dalle squadre Spagnole e Italiane, che ritengono lo sfruttamento dei diritti di immagine una fonte di profitti irrinunciabile.
Uno degli esempi piu’ chiari e storici è il caso di Luis Figo, vecchia gloria del Real, che in virtu’ del contratto sportivo versò alla propria squadra metà degli introiti provenienti dal suo accordo con la Coca Cola, parlando di circa 1.9 milioni di Euro.
In Italia un accordo sui diritti di immagine deve trovare all’interno di un contratto scritto i cardini della propria struttura, poiché vengono interessate posizioni soggettive codificate e intrasmissibili.
Ogni utilizzo commerciale di un diritto della “personalità” deve necessariamente essere definito e limitato nello spazio e nel tempo.
Nel Regno Unito invece e’ stato necessario inquadrare giuridicamente i diritti di immagine poiché’ per controllare i propri patrimoni, che includono l’immagine dei propri giocatori, i club hanno dovuto prima di tutto riconoscere contrattualmente i diritti di immagine.
Per contabilizzare e gestire economicamente il patrimonio costituito dall’immagine degli atleti, l’industria sportiva inglese aveva bisogno che il mondo del diritto smettesse di ignorare il fenomeno e riconoscesse la rilevanza economica e quindi giuridica di questo.
Ma mentre nell’area continentale l’inclusione dei diritti di immagine in codici e costituzioni fa si che l’ampiezza di tali diritti rimanga costante, la natura giudiziale del diritto inglese rende possibile l’irrobustimento di questi in virtu’ del loro valore monetario.
Il loro status di “quasi diritti” di proprieta’ intellettuale potrebbe mutare in quello di veri e propri diritti che a quel punto, non avendo un argine codificato, andrebbero a scontrarsi con il diritto dei cittadini a una libera e accessibile informazione.
Infatti l’ipotetica trasformazione in pieni diritti di proprietà intellettuale dei diritti di immagine potrebbe far apparire come uso commerciale la pubblicazione delle foto di un calciatore su di un settimanale di attualità, oppure aumentare drammaticamente i costi dell’intrattenimento sportivo e televisivo.
Questo perché un maggiore riconoscimento giuridico dei diritti di immagine aumenterebbe inevitabilmente il loro costo a livello contrattuale e gonfierebbe immediatamente le spese per contenzioso dei media che utilizzano di continuo immagini di sportivi.
La conclusione, aberrante, di un fenomeno di questo tipo, sarebbe che le celebrita’ e le loro immagini verrebbero sottratte a quel pubblico dominio che le ha rese famose e quindi economicamente interessanti.