L’ex diesse di Roma, Inter, Bologna e Salernitana si racconta in una lunga intervista al Foglio in cui parla sia di Juventus si di farmaci dopanti nel calcio: “Perché sempre la Juventus in tribunale? Un motivo evidentemente ci sarà. Non sono altri uomini a metterli sulla graticola. Ci si mettono da soli. Quando giocavo io i farmaci erano tanti e frequenti, c’era un uso indiscriminato. Oggi…”.
Walter Sabatini: “Juventus sempre in tribunale? Un motivo ci sarà…”
Lui aspetta un’occasione, dopo un semestre super (con finale amarissimo nonostante la storica permanenza in A) a Salerno. Walter Sabatini si è raccontato in una lunga intervista con il quotidiano Il Foglio, in cui ha parlato a tutto tondo della sua visione del calcio ed ha anche detto la sua sull’inchiesta Prisma che ha travolto la Juventus e che rischia di riscrivere la storia di questo campionato.
“Non parlo di doping, perché non ho indizi e, tanto meno, prove di effetti dopanti. So, però, che c’era un uso dei farmaci per così dire allegro. I farmaci erano tanti e frequenti. Ci venivano somministrati durante la settimana e prima della partita. C’era un uso indiscriminato di farmaci e posso dirlo con cognizione di causa perché negli anni a cavallo fra il settanta e l’ottanta io giocavo. La cadenza delle somministrazioni era quotidiana. Il neoton, i cardiotonici e quelli che i medici definivano ricostituenti. C’era di tutto. Cosa è cambiato oggi? Sono cambiati i calciatori. Oggi, a differenza di un tempo, sanno proteggersi. Nessun calciatore attuale si fa fare un’iniezione intramuscolo a cuor leggero. Vogliono sapere preventivamente tutto del farmaco e molto spesso, nonostante ogni spiegazione e rassicurazione, non ci si riesce ugualmente”.
“I procuratori? Non sono il problema più grande, ma un problema, sì. I problemi del calcio di oggi sono tanti, a partire dalla figura del direttore sportivo, di cui non sono più chiari ambiti e competenze. Una cosa è certa. Le nuove proprietà straniere non vogliono i direttori sportivi per oscuri motivi che forse tanto oscuri non sono. Preferiscono affidarsi allo staff e ad altri sistemi di valutazione dei calciatori, perché pensano, ed è un grande errore, che il mestiere dei direttori sportivi si esaurisca nell’acquistare e vendere giocatori. Non è così”. I suoi “flop” in carriera. “I flop sono stati persino troppi e non ho voglia di ricordarli. I flop non sono solo i calciatori acquistati che non hanno reso, ma anche gli acquisti che ho mancato. Considero, per esempio, un grande flop non essere riuscito a chiudere il contratto di Adrien Rabiot. L’avevo in mano e all’ultimo istante, per motivi contingenti, l’ho perso”.
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