“Ho il piacere di essere qui, perché lo ritenevo indispensabile – afferma il presidente Lotito – a scelta dell’allenatore è stata una scelta ponderata. Ho ritenuto che Tudor fosse la persona giusta per guidare la squadra perché ha le caratteristiche idonee per guidare il Lazio in un momento in cui la squadra ha avuto delle problematiche dovute alla concentrazione. Tudor è l’uomo giusto, sia dal punto di vista tattico che motivazionale. La scelta di Tudor è stata fatta per avviare un progetto nuovo. La squadra ha tutte le potenzialità per raggiungere gli obiettivi. Ho chiamato Tudor dopo le dimissioni di Sarri, e dopo aver fatto un’attenta valutazione: è una scelta convinta, sono contento: ho trovato una persona sana dal punto di vista morale, non ha retropensieri”.
Lazio, Tudor: “Qui il progetto giusto per me”. Ed è presente anche Lotito
Alle parole al miele del patron Claudio Lotito, fanno seguito quelle del diretto interessato, alla sua “prima” ufficiale da allenatore biancoceleste: “La Lazio mi ha lasciato una buonissima impressione, ci sono bravi ragazzi disposti a lavorare. C’è una cultura del lavoro che ha creato Sarri, e quindi a lui vanno fatti i complimenti. I ragazzi sanno che si può e si deve fare meglio, ma è un buon inizio. Io devo essere intelligente, devo mantenere le cose che mi piacciono e inserire a poco a poco le novità. Ho scelto la Lazio perché è una squadra importante, ci sono pochi allenatori al mondo che non accetterebbero la Lazio. Qui la figura dell’allenatore è importante, visto da fuori qui c’è un progetto: c’è l’appoggio del club, ci sono le strutture, c’è una buona squadra. La tattica? Devo valutare ancora alcune situazione. Ci sono giocatori che possono fare due moduli, ce ne sono altri che possono farne uno. Ci sono ancora due mesi, ci sono diverse partite di campionato e c’è la coppa: il risultato è quello che conta”.
“C’è uno stile di gioco e c’è un modulo di gioco. Non vorrei parlare dei singoli, io sono molto attento e scelgo sempre quello che vedo in allenamento. C’è una scritta nella palestra che mi rappresenta: non è la voglia di vincere, ma la voglia di prepararsi che fa la differenza. Non sono un sergente di ferro, è una brutta descrizione. Poi, come diceva il presidente, ci vuole carota e bastone. Ma qui i ragazzi sono disponibili, hanno voglia di fare. Allenare in Italia è più facile perché c’è grande cultura del lavoro tra i giocatori. Sono un allenatore esigente negli allenamenti, i calciatori possono chiedermi tutto… tranne i soldi”.
“Programmare a lungo termine non serve a niente. Credo nel presente. Dovremo partire subito forte, e non sarà facile trasmettere tanto in poco tempo. All’inizio abbiamo subito partite difficili, ma a me piace partire così contro la Juventus, poi il derby. Dobbiamo credere nel sacrificio, nel sudore. Poi la differenza la fanno i giocatori, la loro voglia, la loro qualità. Penso che si possa far bene con questo organico. La lunghezza del contratto non mi interessa: se lavoro bene vado avanti, se non lavoro bene posso anche andare a casa domani. Vivo di presente, e vivo di lavoro. L’allenatore si adatta sempre ai calciatori che ha. Tu puoi provare a fare le stesse cose, ma non sempre riescono allo stesso modo. Un tecnico deve adattarsi, senza mai rinunciare a mettere la propria parte”.
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