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“Potevo andare via, ma qui la gente mi vuole troppo bene e vincere a Napoli sarebbe un sogno”

Il centrocampista slovacco, ma napoletano d’adozione, capitano e trascinatore del NapoliMarek Hamsik non ‘tradisce’ la maglia azzurra e dopo dieci anni che la indossa, continua a giurarle amore e fedeltà assoluta. Arrivato nel 2007/2008 dal Brescia, non ha mai manifestato la volontà di andar via anzi, ha sempre espresso il desiderio di restare a lungo nel club partenopeo, concetto ribadito anche ai colleghi di ‘So Foot’:

“Anch’io avrei potuto andarmene. Cinque anni fa mi voleva il Milan. L’anno scorso, la Juventus. Alla fine non è successo niente perché ho sentito la fiducia di allenatore e presidente che volevano che restassi. Lo prova il fatto che non c’è nessuna clausola liberatoria perché né io né il presidente ne abbiamo bisogno. Qui a Napoli la gente mi vuole troppo bene, non potrei andarmene“.

Il capitano parla anche dell’addio di Cavani ed Higuain, spiegando: “Non li giudico e li capisco. Ma per me sarebbe ancora più bello vincere anche solo un grande trofeo con il Napoli che dieci con un’altra squadra.  Rischio di non diventare un top player? Chiedetelo ai napoletani se non sono un grande giocatore… “.

Hamsik confessa di sentirsi ancora molto legato alla sua terra e ammette: “Sono un tipo riservato, tranquillo, come lo siamo in Slovacchia, precisi, rigorosi, ordinati. Sarò sempre più slovacco che napoletano. I napoletani per esempio non arrivano mai puntuali, ma quando arrivano sono allegri. Napoli è una città a parte in Italia, strana, ma soprattutto bella”.

Gli unici vizi dello slovacco restano i tatuaggi e la cresta: “I tatuaggi sono come una droga. Il primo me lo feci a Bratislava, poi Paolo Cannavaro mi ha presentato il suo tatuatore Enzo Brandi e non mi sono più fermato. Ne ho su tutto il corpo. La cresta ce l’ho da sempre. È un simbolo, fa parte di me, come i tatuaggi. Ma non sono un punk”.

Infine Hamsik ricorda il giorno del suo sbarco a Napoli: “Appena arrivati i tifosi mi fecero subito capire che il calcio veniva prima di tutto. A Brescia giocavo davanti a 2-3 mila persone. A Napoli ce n’erano altrettanti solo per la presentazione. Con me c’era Lavezzi, un piccoletto, con i capelli lunghi, vestito male. Oggi invece ha molto stile. Io come Maradona? Lui resterà sempre il numero uno. Arrivare dopo non è così male. E se vincessi qualcosa con il Napoli, potrei avvicinarmi un altro po’”.